giovedì 19 ottobre 2017

ULTRA TRAIL: QUANDO LA CORSA PUÒ DIVENTARE DANNOSA





Come prevenire gli effetti deleteri
Amo correre. Desidero precisarlo per non apparire prevenuto nei confronti della corsa. E sottolineo che amo particolarmente la corsa su strade sterrate, sentieri scoscesi e a stretto contatto con la natura incontaminata. Adoro quella sensazione di libertà, quasi di onnipotenza, che la corsa in ambiente selvaggio regala generosamente passo dopo passo, respiro dopo respiro, avanzando, sovente con piacevole fatica. Emozioni che ne’ la pista d’atletica, ne’ il monotono tapis roulant riescono a donare. La corsa, e’ noto, praticata regolarmente, non solo migliora i parametri cardiovascolari abbassando la pressione a chi è iperteso e la frequenza cardiaca a chi e’ tachicardico, ma ottimizza i dati respiratori tra i quali la capacità polmonare. Ha effetti benefici sulle dislipidemie e in particolare sul rapporto trigliceridi/ HDL che nella norma dovrebbe essere inferiore o uguale a 1 e nella perfezione prossimo a 0,5.

Abbassa l’infiammazione cronica silente e la glicazione, due tra i più temibili fattori di invecchiamento precoce e deleterio. La corsa, inoltre, e’ in grado di liberare sostanze endorfiniche, i cosiddetti endocannabinoidi, a potente valenza anti depressiva e anti stress con  miglioramento dell’autostima e della forza interiore. Corsa dunque come terapia e non solo come attività sportiva. Ma la corsa può anche essere il nostro peggior nemico se si diventa suoi sudditi, schiavi della dipendenza e della necessità di correre troppo spesso e troppo a lungo. Ho corso la maratona e anche una ultra maratona ma non ho mai dimenticato che Filippide, il primo maratoneta, comunque, morì al termine dei 42 km.

Durante i miei corsi di medicina antiaging, ricordo sempre ai partecipanti che per mantenersi in salute e godere di una giovinezza prolungata, occorre allenare con costanza e determinazione tutte le componenti, ovvero forza, resistenza, elasticità, equilibrio, coordinazione e forza esplosiva oltre alla destrezza e alla agilità. Purtroppo, invece, è dato osservare la predilezione, talvolta ossessiva, verso una sola di queste. Sono sempre più frequenti forme esasperate di attività in un solo settore a discapito degli altri: giovani che si gonfiano in palestra ma incapaci di correre in velocità per pochi km o al contrario smunti ed emaciati maratoneti in evidente sarcopenia, privi di normale massa muscolare. Sia uomini sia donne. Ed è ancora più evidente nei soggetti over 45-50 anni, quando la fisiologica endocrinosenescenza peggiora lo stato.

Oggi sono di gran moda le competizioni di corsa estreme, sia per la qualità dell’ambiente, sovente ostile, sia e soprattutto  per la lunghezza e la durata. Non mi riferisco alle corse a tappe, ove è previsto un tempo di riposo e di recupero, ma a quelle gare non stop che durano giorni e giorni con variazioni di pendenza micidiali, delle quali la più conosciuta in Europa e’ certamente il Tor des Geants : 330 km con un dislivello impressionante di 24.000 mt. Certamente il richiamo di queste gare è ammaliante e per alcuni irresistibile, e confesso di averci pensato più di una volta, ma il sapere medico ha prevalso sull’ambizione sportiva. Ma quali sono gli effetti sul corpo di una prestazione così al limite o meglio oltre il limite per quasi tutti i partecipanti ad eccezione di quei pochi, geneticamente favoriti e con impeccabile preparazione psicofisica oltre che integrativa?

Analizziamoli singolarmente:
1) Elevatissimo stress ossidativo, ovvero forte disequilibrio tra produzione di radicali liberi e sistema endogeno antiossidante. Queste specie chimiche reattive danneggiano il nostro organismo a tutti i livelli, soprattutto quelli più nobili, come il DNA, la membrana citoplasmatica e il mitocondrio, motore energetico della cellula, estremamente sensibile all’ossidazione.

2) Alterazione del corretto  assetto ormonale con ipersecrezione di cortisolo da parte della zona corticale surrenalica e inversione o appiattimento della curva di produzione. Come è noto il picco fisiologico di cortisolo si manifesta al mattino mentre il nadir e’ alla sera, quando  l’epifisi inizia a secernere melatonina, suo principale antagonista insieme al GH di cui è sinergica. L’ipercortisolemia, conseguente allo stress cronico derivante da una gara così dura e così devastante, attraverso il meccanismo della neoglucogenesi muscolare, utilizza gli aminoacidi per produrre glucosio a fini energetici con la conseguente demolizione delle fibre del muscolo. Inoltre si attua il cosiddetto furto del pregnenolone, un neurosteroide basilare per la salute cerebrale. Questo ormone, determinante per la memoria, la lucidità mentale e la fluidità del pensiero e dell’eloquio, e’ il progenitore degli ormoni sessuali maschili e femminili, tra i quali  anche il DHEA  e il testosterone. Il pregnenolone, in occasione di stress prolungato come una gara così impegnativa e duratura, viene sequestrato per la produzione di cortisolo invece degli ormoni sessuali ad azione anabolica con conseguente calo degli stessi, oltre che del pregnenolone. Le atlete di sesso femminile non ancora in menopausa vanno facilmente incontro a quadri di amenorrea da squilibrio ormonale con problemi anche di infertilità.

3) Alta infiammazione sia acuta sia cronica silente, dovute al superlavoro della macchina corporea. Tutti gli indici di infiammazione, al termine di una competizione così massacrante, sono alterati: VES, proteina C reattiva, fibrinogeno, oltre alle meno conosciute citochine, tra le quali la IL 6 che ha anche azione promuovente l’ osteoporosi, attivando gli osteoclasti. Pochi, molto pochi sono gli atleti che non presentano livelli alti di infiammazione dopo una gara siffatta.

4) Degenerazione cartilaginea da usura, con diminuzione degli spessori e della normale lubrificazione. Ciò porta facilmente ad artrosi e artrite con possibili lesioni traumatiche tendinee e ligamentose. Solo pochissimi atleti, dotati geneticamente e con una rigorosissima preparazione fisica oltre ad una meticolosa supplementazione  condroprotettiva possono esserne esenti, soprattutto se in giovane età. Coloro che hanno superato i quarant’anni, e talvolta anche prima, sono i più vulnerabili perché già fisiologicamente hanno un comparto cartilagineo più debole per un’ accelerazione dei fenomeni catabolici rispetto a quelli anabolici.

5) Carenza di serotonina e melatonina dovuto alla privazione del sonno nelle gare non stop, in seguito alla rottura del normale ritmo sonno- veglia. Ricordo che la melatonina ha anche azione antiossidante e immunostimolante e la sua carenza, unitamente al rialzo del cortisolo, ad attività immunodeprimente, comporta facilità di infezioni e malattie da deficit immunitario nel periodo post gara, talvolta con sindromi autoimmuni.

Allora, alla luce di tutto ciò, gli appassionati dovranno rinunciare a competizioni così estreme? Purtroppo talvolta sì, se si è costituzionalmente vulnerabili. In altri casi ci si dovrà preparare non solo con adeguato allenamento ma con un’attenta supplementazione affidandosi ad esperti nel campo degli antiossidanti, antinfiammatori naturali, degli stimolatori endogeni ormonali, ovviamente non dopanti,  e dei condroprotettori. Il fai da te, in gare di tale genere, può essere estremamente pericoloso.


Francesco Balducci
Dott. Francesco Balducci medico esperto in medicina antiaging e potenziativa . Scuola superiore post Universitaria AGORA’ di Milano e Università La Sapienza di Roma. Personal Trainer. Nutrizionista paleo dieta Maestro di kayak fluviale FICK.





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