domenica 30 ottobre 2016

COME PREVEDERE IL METEO IN MONTAGNA CON ALTIMETRO E BAROMETRO


Il meteo è sempre uno dei grandi pensieri per chi va in montagna, sia che si voglia fare una semplice gita che quando si pensa a qualcosa di più impegnativo. Finché si è a casa o comunque si può usare lo smartphone ci sono ottime App per le previsioni meteo, ma i problemi cominciano quando ci si trova in zone dove il telefonino non prende e bisogna comunque, in qualche modo prevedere il tempo che farà. È possibile in questi casi prevedere il meteo usando un altimetro e un barometro, che spesso si trovano in orologi o navigatori Gps per l’outdoor e l’escursionismo, oppure conoscendo la pressione atmosferica (spesso nei rifugi un barometro c’è) e l’altimetria del punto in cui ci si trova, che è segnata sulle mappe oppure sui segnali che si trovano in montagna.

Cosa fare per prevedere il meteo in montagna con altimetro e barometro

Per fare previsioni meteo con altimetro e barometro come prima cosa è importante conoscere con precisione la quota alla quale ci si trova e poi fare qualche semplice calcolo matematico partendo dalla pressione atmosferica al livello del mare, che è di 1013.25mb. Mediamente la pressione atmosferica cala di 1 millibar ogni 10 metri di altitudine, quindi conoscendo la quota a cui ci si trova è possibile calcolare la pressione atmosferica media a quell’altitudine.
Per esempio a 2500 metri di altitudine la pressione atmosferica sarà di 1013.25mb – 250mb = 763 mb

Una volta calcolata la pressione atmosferica media alla quota a cui ci si trova occorre sapere la pressione atmosferica aggiornata al momento, e questo è possibile farlo con il barometro. Dal fatto che ci sia pressione alta o pressione bassa si può quindi fare una previsione su come sta evolvendo il meteo.

Pressione alta significa bel tempo, pressione bassa brutto tempo


In linea generale la pressione atmosferica alta significa presenza di bel tempo mentre quella bassa significa brutto tempo. Quindi, nell’esempio dei 2500 metri di altitudine, se la pressione è superiore a 763mb c’è bel tempo, se è inferiore c’è brutto tempo. Questo però non fa altro che fotografare la situazione attuale e non è molto utile. Più utile è invece prevedere il tempo che ci sarà tra qualche ora, e questo si può ottenere facendo diverse misurazioni: se infatti c’è bel tempo, quindi con pressione atmosferica superiore a quella media della quota a cui ci si trova (nel nostro esempio 763 mb) ma la tendenza è in diminuzione fino ad arrivare a 763 mb o anche meno è prevedibile che il tempo sarà in peggioramento; viceversa nel caso in cui la pressione misurata abbia la tendenza a crescere e superare quella media della quota alla quale ci si trova, a maggior ragione se queste dinamiche di innalzamento o abbassamento della pressione sono veloci o repentine.


Fonte: Sportoutdoor24



ULTRA TRAIL: ITALIA QUINTA AI MONDIALI


Alla rassegna iridata di corsa in ambiente naturale, la squadra azzurra maschile conferma in Portogallo il piazzamento della scorsa edizione. Ottavo il team femminile.


Nei Campionati Mondiali di Ultra Trail, al parco nazionale di Peneda-Geres (Portogallo), la formazione italiana maschile è quinta nella classifica a squadre, mentre quella femminile chiude in ottava posizione. Una gara lunga 85 chilometri, per 4800 metri di dislivello, con il miglior risultato individuale degli azzurri messo a segno da Georg Piazza (Gherdeina Runners). L’altoatesino di Ortisei, proveniente dalla mountain bike e marito dell’ex sciatrice di fondo Cristina Kelder, arriva al 17° posto dopo 9h23:50 seguito dal piemontese Giulio Ornati (Bognanco), 29° in 9h48:01 grazie a una condotta regolare che gli consente di rientrare nel finale sul tricolore assoluto Luca Carrara (Libertas Vallesabbia), 32° in 9h51:05. Confermato il piazzamento per team dell’ultima manifestazione iridata di corsa in ambiente naturale, svolta l’anno scorso ad Annecy in Francia, quindi completano la prova anche Carlo Salvetti (Bergamo Stars Atletica), 38° in 10h09:00, e il valdostano Giuliano Cavallo (Polisportiva Sant’Orso Aosta), 42° in 10h18:08.

Tra le donne si presentano sul traguardo a distanza ravvicinata la trevigiana Cristiana Follador (Us Aldo Moro Paluzza), con il 25° posto in 11h32:27, e Virginia Oliveri (Atletica Varazze), argentina di origine però ligure di adozione, al 26° in 11h33:07. Più staccate le altre: cinquantesima la campionessa italiana Lara Mustat (Circolo Minerva), nata a Cuneo ma residente a Parma, in 12h45:46 e poi 68esima la padovana Lisa Borzani (Bergamo Stars Atletica) con 13h37:55, autrice di una buona prima parte di gara. Entrambe accusano problemi intestinali negli ultimi 30 chilometri in una calda giornata, ma riescono comunque a concludere la prova con grande tenacia. Fuori gioco per una caduta la piemontese Simona Morbelli (Sai Frecce Bianche Alessandria), che intorno al 38° km è costretta ad alzare bandiera bianca. Nella passata stagione la squadra femminile italiana si era piazzata terza.

A livello individuale, nell’evento organizzato da IAU e ITRA, stavolta conquista il titolo mondiale lo spagnolo Luis Hernando in 8h20:26, capace di spezzare l’egemonia francese con Nicolas Martin e Sylvain Court (campione uscente) sugli altri gradini del podio. La Francia si aggiudica invece l’oro delle donne per merito di Caroline Chaverot in 9h39:40 che precede la spagnola Azara Garcia e l’olandese Ragna Debats (ritirata una delle favorite, la svedese Emelie Forsberg) sul percorso da Rio Caldo ad Arcos de Valdevez, mentre il quartier generale era nella città di Braga. Doppietta francese a squadre davanti alla Spagna, con il terzo posto di Norvegia (maschile) e Gran Bretagna (femminile). La prossima edizione dei Mondiali si svolgerà in Italia: appuntamento sui 50 chilometri per sabato 10 giugno 2017 a Badia Prataglia (Arezzo), che quest’anno ha ospitato la rassegna tricolore.



venerdì 28 ottobre 2016

HOKA MAFATE SPEED 2

Oggi parliamo dell’Hoka Mafate Speed 2 la nuova arrivata della casa francese… in realtà è l’evoluzione del modello precedente Mafate Speed che prende il nome dalla storica Mafate, una delle prime scarpe prodotte da Hoka.

La nuova Mafate Speed 2 è, a mio avviso, la scarpa definitiva per le lunghe e lunghissime distanze, in questa nuova versione poi presenta aggiornamenti che la rendono ancora più prestazionale su tutti i terreni.

Veniamo al dettaglio: il peso di questa scarpa, che offre un’ammortizzazione e una protezione inegualiabili si attesta sui 295 gr nella versione uomo e 255 gr in quella donna, valori fino allo scorso anno inimmaginabili per una calzatura di questo tipo.

Il differenziale si mantiene sempre a 4 mm come tradizione del natural running di Hoka, compensato dalla morbidezza della calzatura non sembra neanche così basso e non crea problemi tendinei anche se si ha una corsa non sempre in spinta.

Le novità su questa nuova Mafate 2 Speed riguardano anche la suola, che ora può contare sulla presenza del Vibram Megagrip con tasselli alti 5mm che rendono la trazione superlativa in ogni condizione atmosferica che sia secco o bagnato e su qualsiasi superficie.

La tomaia è stata interamente rivista e non si logora più precocemente come il modello precedente sull’avampiede, l’interno scarpa sotto il malleolo è stato abbassato e nei laterali non infastidisce più la corsa.

Il materiale della tomata è meno traspirante della precedente ma devo dire che ne ha beneficiato talmente tanto la durata che non si rimpiange quello utilizzato prima, rimane comunque ben areata lateralmente; anche la linguetta è cambiata ora è di materiale più morbido che dona una bella sensazione sul piede.

L’intersuola è rimasta la stessa con due differenti EVA, uno più morbido che dona confort e uno più rigido R Mat in esclusiva per Hoka che da stabilità e supporto all’interno piede anche sulle distanze più lunghe; sono stati fatti 3 canali longitudinali per rendere la scarpa più flessibile sull’avampiede, ora anche i runner dal peso più leggero possono usare tranquillamente la nuova Mafate Speed 2 e godere di tutto il confort che regala!

Dopo averci percorso circa 400 Km (tra cui l’Ultra Trail del Monte Bianco) posso dire la che l’Hoka One One Mafate 2 Speed è la scarpa ideale per chi cerca confort, protezione (anche articolare) e stabilità su trail medio lunghi e lunghi. Personalmente la utilizzo anche per gli allenamenti, in modo da stressare il meno possibile articolazioni e muscoli, il grip l’ho trovate decisamente migliorato e l’allacciatura con lacci piatti ed elastici aiuta a trovare sempre il massimo confort sul piede.

Francesco Misley
Istruttore Tecnico Nazionale di Trail Running Fondatore di Mud & Snow






MONDIALI IAU GERES (P) - LE PREVIEW!


Ed è venuto anche il momento dei Mondiali IAU di Ultratrail, insolitamente piazzati molto avanti nella stagione. E' il turno del PortogalloPeneda-Geres ed il suo Parco Nazionale situato nel profondo nord del paese. Ottantacinque chilometri e circa quattromlacinquecento metri di dislivello per una gara che dovrebbe presentare un terreno vario, con tratti duri e tecnici ma anche parecchi chilometri corribili, specie nella prima parte.
La parte del leone la dovrebbero fare i francesi e gli spagnoli, che hanno messo insieme due squadroni. Gli americani non sembrano avere portato il meglio, ma hanno qualche elemento valido. Nel ruolo di outsider gli inglesi e, speriamo, i nostri. Più qualche individualità varia.
Ricordiamo che si assegnano i titoli sia individuali che di squadra, quindi sarà importante vedere anche come si svilupperà la dinamica di team.
Partenza alle 5:00 di Sabato, le previsioni sembrano molto buone per una zona che solitamente in questo periodo è molto piovosa.
Vediamo intanto chi c'è il lista tra i favoriti, iniziando come sempre dalle signore.

Inutile girarci tanto intorno, la gara vive sul duello mortale tra Nathalie Mauclair e Caroline Chaverot, due che quando si trovano contro non si tirano indietro. La Mauclair è stata abbastanza coperta dopo il secondo posto alla MDS, la Chaverot invece ha avuto un'annata devastante, vincendo tutto a mani basse, UTMB, Mont Blanc 80km, Buff Epic Trail, Transgrancanaria e Madeira Ultra Trail. Si è presa anche lo sfizio di andare a Limone ed arrivare in alto anche in una gara di 25 km. Io vedo favorita la maestrina, ma la Mauclair è una bestia, come chiunque l'ha vista gareggiare può testimoniare.


Chi può anche solo lontanamente pensare di inserirsi? Un nome su tutti: Emelie Forsberg, al ritorno da un brutto infortunio che l'ha tenuta lontana dai campi di gara. La distanza è la sua, se è davvero al 100% sarà bello vedere come si inserirà nel duello di testa: aspetterà che le altre si scannino o si getterà nella tenzone?
Tra le spagnole Uxue Fraile è sempre lì, ma non ha la verve delle tre qua sopra, e su un percorso così serve forse più velocità di base. La parte della cattiva la potrebbe fare Azara Garcia, che quelle doti le ha e le ha fatte vedere a Zegama, che come palcoscenico non è certo banale: non si vince mai per caso a Zegama.

Io metto in buona posizione anche la soldatessa britannica Jo Meek: seconda alla CCC, ottava alla TNF 50, velocità di base devastante e cattiveria assoluta.
E le yankees? Senza Devon Yanko, out per infortunio come tante altre possibili protagoniste, YiOu Wang dovrebbe essere la punta della squadra, ma la vera sorpresa potrebbe essere Larissa Dannis sana e pronta a battagliare: se davvero è in forma, ha tutto per fare capolino nelle prime cinque.

Ce la mettiamo un'italiana? Direi di si, visto che sia Lisa Borzani che Simona Morbelli si presentano con tutte le credenziali per entrare nelle dieci. Lisa poi ci ha abituato a tutto: la distanza non è la sua, ma sappiamo che è capace di tutto. E Cristiana Folladorpotrebbe essere la sorpresa tra le nostre, dove Lara Mustat e Virginia Olivieri completano il team.
Altri nomi sparsi: Anne-Lise RoussetAurelia Truel e la sempreverde Maud Gobert completano la squadra francese, tutte e tre capaci tranquillamente di entrare nei dieci. Gemma Arenas tra le spagnole anche. Beth Pascall e Sophie Grant per il team GB che schiera anche Jo Zakrzewski che sembra però più portata su terreni velocissimi o la strada. La local Ester Alves è sicuramente motivata e ha nel palmares buoni risultati in gare importanti, ma se volete un nome esotico per la top ten io direi Michaela Mertova dalla Repubblica Ceca.

Passiamo agli uomini, dove la situazione è sicuramente più complessa.


Anche qui, Francia e Spagna sugli scudi. I francesi hanno un insieme malefico: il campione uscente Sylvain Court, il vincitore dell'UTMB Ludo PommeretNico MartinBenoit Cori (due volte vinctore ai Templiers e una alla Saintelyon), il campione della CCC Michel Lanne e Aurelien Collet. Qualcuno se la sente di dare i francesi perdenti a squadre?


Beh, gli spagnoli di sicuro non partono sconfitti: quando in squadra hai Luis Alberto Hernando voglioso di sistemare anche questa faccenda dopo il secondo posto dell'anno scorso, Pau Capell in annata da urlo con TDS e Ultra Trail Australia vinti ed un terzo a Transgrancanaria, il buon Tofol CastanyerYeray Duran tornato a livelli assoluti e Pablo Villa a completare, non devi avere paura di niente e nessuno.


Gli inglesi schierano due punte di diamante che secondo me metteranno lo zampino sul podio: Tom Owens e soprattutto Andy Symonds sono due tosti, completi e cattivi. E Andy sta avendo una stagione fantastica con vittoria alla LUT ed un secondo al Buff Epic dietro a Luis Alberto Hernando. E su questa distanza è letale. Gli altri inglesi sembrano un gradino sotto, anche se sono tutti ottimi runner: Kim Collison e Donnie Campbell specialmente, ma anche Damian Hall potrebbe fare bene.
I norvegesi avevano sulla carta un pezzo da novanta con Didrik Hermansen che però non partirà. Restano Thorbjorn Ludvingsen e Erik Haugnes, ma la top ten dovrebbe essere il loro limite. Allora forse meglio gli americani che hanno in Alex Varner un uomo che potrebbe aspirare alla top five. Poco si sa della forma di Alex, che dopo un finale di 2014 ed inizio 2015 impressionante, si è un po' perso per strada. Ma sarebbe prematuro darlo per finito, visto che il talento e la voglia pare restino alte. Mario Mendoza ha sicuramente la velocità, ma in Europa è tutto da testare, e si sa che gli yankee patiscono. Io azzarderei allora su Tyler Sigl che sulla distanza ha dei tempi impressionanti.
Altri: Matthias Dippacher e Stephan Hugenschmidt potrebbero portare la Germania nella top ten se le cose si mettono bene mentre i padroni di casa chiedono a Luis Fernandes di tenere alta la bandiera. I giapponesi questa volta non sembrano avere grosse individualità, mentre dall'altro emisfero Brendan Davies lotterà per l'Australia ed il simpaticissimo Scott Hawker per la Nuova Zelanda. Scott è uno che quando vuole picchia duro... Lo svizzero Diego Pazos ha quest'anno qualche bel risutato (Eiger e Mont Blanc 80km oltre ad un terzo a Transgrancanaria) chissà che non metta il naso la davanti. Ah, Bhim Gurung dal Nepal va messo d'obbligo tra i cattivi dopo la prestazione al Kima!

Dimenticato qualcuno? I nostri, per diamine! Le due punte saranno sicuramente Giulio Ornati e Giuliano Cavallo. Al Bianco hanno fatto vedere che quando il gioco si fa duro, ci sono anche loro due. Ma anche Luca Carrara ha tutto per fare una grande gara. Con Georg Piazza e Carlo Salvetti si completa la squadra: regalateci un sogno ragazzi!


di Davide Grazielli


Fonte: Spiritotrail




DOLOMITI EXTREME TRAIL 2017



Caro amico del DXT
Ci siamo!!! Il 29 ottobre, sabato,  alle ore 00.00, aprono le iscrizioni al Dolomiti Extreme Trail, nelle Dolomiti della Val di Zoldo, patrimonio naturale UNESCO.
La quinta edizione del DXT partirà il 10 giugno 2017, con i percorsi da 103, 53, 23, 2 km.
I posti disponibili sono 550 per DXT 103K e DXT 53K, 400 per DXT 23K; iI giovanissimi  atleti potranno partecipare al MINI DXT di circa 2 km.
Ti ricordiamo che se ti iscrivi entro il 31 dicembre 2016 avrai una riduzione sulla quota di iscrizione 
La Val di Zoldo, con i suoi hotel, B & B e appartamenti vi dà un caloroso benvenuto con prezzi promozionali durante la settimana della gara, per sentire e  gustare tutte le emozioni delle Dolomiti.
Ulteriore sconto del 10% sul soggiorno se si prenota prima del 31 dicembre 2016!
Inoltre servizio di trasporto speciale da aeroporti di Treviso e Venezia per la Val di Zoldo.
Scopri le offerte su : dolomitiextremetrail.dolomiti.org
Anche quest’anno il nostro Main Sponsor HAGLOFS ci fornirà il premio finisher: le nuove scarpe da dopo gara ROC LITE !
Tutte le altre informazioni sul DXT 2017 le trovi su www.dolomitiextremetrail.com
Saremo lieti di averti con noi, tanti saluti sportivi 
                      Il Team DXT

                           



lunedì 24 ottobre 2016

I LIMITI DELLA PRESTAZIONE UMANA IN ALTA QUOTA: L’ ESPERIENZA DEGLI SKYRUNNERS



Autore il Dott. Giulio Sergio Roi, nato a Verona il 14 Ottobre 1953, residente a Bologna, laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Medicina dello Sport presso l’Università degli Studi di Milano.


Ha svolto attività didattiche come professore presso facoltose università italiane, svolge attività congressuali in Italia e all’estero ed è autore di numerose pubblicazioni su riviste scientifiche nonché autore di alcuni libri.
Ha collaborato con le principali federazioni sportive italiane: Scherma (FIS), Sport Invernali (FISI), Sci Nautico (FISN), Sport del Ghiaccio (FISG) e Triathlon (FITRI).
Il motivo per il quale lo conosciamo tutti, e per il quale gli siamo grati, è il fatto che sia uno dei soci fondatori della Federazione Sport d’Alta Quota (FSA), poi diventata ISF (International Skyrunning Federation) e che attualmente vesta l’incarico di Presidente della Federazione Italiana di Skyrunning (FISKY).
Ha partecipato come responsabile medico-scientifico alle spedizioni in alta quota in Nepal, Tibet, USA e Mexico, quando lo Skyrunning era ancora agli inizi.
Dal 2001 dirige l’Education & Research Department del Gruppo Medico Isokinetic; per oltre 10 anni è stato il responsabile del laboratorio di Valutazione Funzionale del Centro Marathon di Brescia, diretto dal Dott. Gabriele Rosa.
Ha partecipato alla preparazione di numerose imprese sportive tra le quali:
Record del mondo 24 ore pattinaggio su ghiaccio (squadra Nazionale Italiana, 1993)
Record del mondo dell’ora di pattinaggio su ghiaccio (Roberto Sighel, 1998)
Record Cervinia-Cima Cervino e ritorno (Bruno Brunod, 1995)
Record salita all’Aconcagua (Brunod, Merlati, Pellissier 1999)
Ritorno allo sport in 77 giorni di Roberto Baggio dopo ricostruzione del LCA (2003)
Conquista dell’Everest da parte della prima donna italiana (Manuela di Centa, 2003)

Salita al K2 della spedizione degli “Scoiattoli” di Cortina d’Ampezzo (2004)
  


Da sinistra: Jean Pellissier, Dott. Giulio Sergio Roi, Bruno Brunod e Marco De Gasperi, nel 2012 a Cervinia, in occasione della ricerca scientifica “come respirano gli skyrunner”.
Ma veniamo al suo studio, oggetto del nostro articolo:

I LIMITI DELLA PRESTAZIONE UMANA IN ALTA QUOTA: L’ ESPERIENZA DEGLI SKYRUNNERS
di Giulio Sergio Roi

Oggi tutti sanno che l’uomo può raggiungere le vette di tutti gli ottomila della Terra respirando solamente l’aria dell’ambiente, così come si sa che è possibile, con determinate condizioni di innevamento, scendere sciando da una parete rocciosa verticale, quale ad esempio il Cervino, così come si sa che in mare è possibile scendere in apnea oltre i 100 m di profondità. Lo sport competitivo ha oggi delimitato abbastanza precisamente i limiti della prestazione umana in molte discipline. Conosciamo infatti i limiti della prestazione nelle corse di velocità, nei lanci, nei salti, nel ciclismo e in molte altre specialità. In particolare notiamo che, dove vi sono numerosi praticanti o un qualche interesse economico, la prestazione-limite è ben conosciuta e può essere solo ritoccata. Restano però numerosi aspetti della prestazione umana che devono essere ancora indagati. Ad esempio, fino a qualche anno fa si pensava che non fosse possibile correre a quote superiori a 4000 m . Oggi sulla base dei dati raccolti durante le esperienze di gara condotte dagli Skyrunners, i “Corridori del Cielo”, abbiamo stabilito che la quota limite dove è teoricamente possibile utilizzare la corsa come forma di locomozione umana, sembra essere circa 7000 m , a patto che l’atleta sia dotato di un’elevata potenza aerobica. Purtroppo a 7000 m l’ambiente è troppo ostile ed il freddo e la neve impediranno di verificare sul campo questa ipotesi. Gli Skyrunners sono il prodotto naturale della storia della corsa e della storia dell’alpinismo. Infatti, il desiderio di raggiungere nel più breve tempo possibile la cima di una montagna ha da sempre attratto, più o meno palesemente, quanti si trovano di fronte ad essa ed in particolare l’alpinista. Tuttavia la ricerca della massima velocità possibile non è solo un desiderio fine a sé stesso, ma in molti casi può costituire un fattore di sopravvivenza. Ecco quindi la corsa dei nostri antenati, come momento fondamentale della vita quotidiana, dove cacciare, inseguire, o fuggire diventavano appunto l’espressione dell’istinto di sopravvivenza. Ecco ancora, fino a pochi anni fa nelle zone montane di confine, la corsa dei contrabbandieri-spalloni per eludere i controlli doganali e racimolare qualche spicciolo in più che permettesse loro una migliore esistenza. Ecco ancora la corsa come mezzo di comunicazione in un ambiente, la montagna, dove per aumentare la velocità si può solo correre: nelle montagne messicane i Tarahumaras corrono con i sandali per necessità e per diletto; nelle montagne himalayane i Lrun Pa, i mitici monaci tibetani, corrono soprattutto di notte da un monastero all’altro, e si dice siano dotati del potere di accorciare le distanze effettuando lunghissimi passi senza mai toccare terra. La storia si confonde con la leggenda ed oggi tutto ciò può essere rivisitato anche in chiave sportiva grazie agli Skyrunners. La prima traccia di salita rapida verso una vetta si incontra già nel 1864, quando il percorso da Chamonix alla vetta del Bianco e ritorno, viene coperto in 16 ore e mezza. Da allora la storia dell’alpinismo e la storia della corsa riportano numerose altre imprese, le più importanti delle quali sono riportate nella tabella 1.

Tabella 1: evoluzione delle migliori prestazioni degli Skyrunners.
 

Ma quali sono le principali difficoltà che un atleta incontra quando si accinge ad affrontare queste prove? In realtà la prestazione sportiva in quota può risultare migliorata o peggiorata. Le discipline sportive che si giovano di una diminuita densità dell’aria risulteranno sicuramente migliorate. Tali discipline comprendono principalmente il ciclismo, i salti, i lanci e la velocità breve in atletica leggera: in pratica tutti gli sport in cui la velocità pura è determinante ai fini della prestazione. D’altra parte le discipline sportive nelle quali la prestazione dipende principalmente dalla massima potenza aerobica dell’atleta saranno penalizzate. Infatti con l’aumentare della quota la massima potenza aerobica (cioè il massimo consumo di ossigeno) è progressivamente diminuita, indipendentemente dalla durata della permanenza in quota. Vale a dire che sia chi è nato e vive in quota, che chi vi è appena giunto, come chi si è acclimatato presentano la stessa diminuzione in percentuale della loro massima potenza aerobica rispetto al livello del mare. Infatti la massima potenza aerobica dipende dalla pressione parziale dell’ossigeno nell’aria inspirata e questa dipende dalla pressione atmosferica che, come è noto, diminuisce con l’aumentare della quota. La diminuzione della massima potenza aerobica può essere facilmente rilevata analizzando i risultati delle maratone effettuate a varie altitudini. Ricordo che la maratona è una gara di corsa a piedi su percorso pianeggiante lungo 42 km e 195m. La prima maratona in quota fu disputata nel 1968 durante i Giochi Olimpici di Città del Messico e fece registrare un peggioramento rispetto alla migliore prestazione di allora di poco meno del 9%. Con gli Skyrunners abbiamo organizzato diverse maratone a 4300 m di quota ed una a 5200 m . Tutte sono state disputate sul terreno pianeggiante degli altopiani del Tibet e tutte sono state vinte dall’americano Matt Carpenter (Tabella 2). E’ interessante notare che le migliori prestazioni alle diverse altitudini indicate nella tabella 2 sono state ottenute da atleti nati e cresciuti a quote comprese tra 2000 e 3000m.

Tabella 2: migliori prestazioni sulla maratona a diverse altitudini




I risultati raccolti sugli Skyrunner che hanno partecipato ad una maratona a livello del mare e alle maratone del Tibet indicano che, in termini di prestazione, gli atleti meno veloci perdono di più in quota rispetto ai più veloci. Ad esempio il vincitore evidenzia a 4300m di quota un peggioramento di velocità del 21% rispetto alla velocità del proprio personale a livello del mare, mentre l’ultimo classificato evidenzia un peggioramento di velocità circa doppio (+42%). Queste differenze sembrano dovute alla diversa capacità di sfruttare un’elevata percentuale della massima potenza aerobica ed al diverso costo del lavoro dei muscoli respiratori in quota. Un altro limite con il quale gli Skyrunners si confrontano è la velocità di salita e/o di discesa. Opportunamente allenati questi atleti sono in grado di esprimere una velocità in salita a quote comprese tra i 2500 ed i 4000 m attorno ai 1500 m di dislivello per ora, mentre la velocità di discesa può superare i 2500 m di dislivello per ora, grazie anche alle capacità di scivolamento sulla neve. I risultati di numerose indagini effettuate sugli Skyrunners indicano che la corsa a piedi ad altitudini comprese tra 2000 e 5200 m comporta modificazioni fisiologiche simili a quelle che si possono osservare a livello del mare. Inoltre le gare di corsa in alta quota non sembrano aumentare il rischio di mal di montagna, a patto che gli atleti siano ben allenati, acclimatati e siano stati dichiarati idonei dal punto di vista medico-sportivo.
L’evoluzione delle tecniche di locomozione, l’evoluzione dei materiali e delle metodiche di allenamento porteranno probabilmente in tempi brevi, ad un abbattimento dei record finora stabiliti e ad una migliore definizione dei limite della prestazione umana in alta quota.

Fonte: InfinityRun




LE ATTREZZATURE E LE ULTRA MARATONE




Le raccomandazioni per quanto riguarda le attrezzature in uso, variano proprio in base alla tipologia di manifestazione (ultra maratona di un giorno, corsa a tappe, ultra trail, ecc…). Vestiti tecnici appropriati, scarpe, zaini e supporti per potersi rifornire dal punto di vista alimentare, l’alimentazione e l’idratazione stessa possono essere fattori influenzanti e predisponenti il rischio di infortunio. Gli ultramaratoneti non possono prescindere dal considerare il peso dello zaino ad esempio, anche se non è ancora del tutto chiaro quanto questo aspetto possa incidere sugli infortuni.

Sicuramente però è importante per quanto riguarda la performance. Il peso di uno zaino per una gara a tappe in autosufficienza può essere variabile (dipende dai giorni di gara e dalla bravura del runner nell’allestirlo) ma in genere possiamo tenere in considerazione un peso di minimo 5 kg (alcuni arrivano addirittura a 9!) avente una capienza di 20 litri.

Teniamo bene in considerazione che il carico può superare il 10% del proprio peso e quindi ne conseguono una serie di parametri da tenere in considerazione: uno psicologico e uno di ordine più pratico.

Il primo, anche se può sembrare banale dirlo, è che le velocità si abbasseranno. Infatti spesso il rischio è quello di accelerare per mantenere delle velocità alle quali siamo abituati in allenamento temendo di andare troppo poco rispetto al solito. Questo porterà inevitabilmente a iniziare la gara con ritmi troppo alti e il rischio è quello di avere una grande crisi sia fisica che mentale.

La saggezza in questo tipo di gare è fondamentale, come lo è del resto l’esperienza.. Il secondo aspetto, quello più pratico, è che per prima cosa è bene allenare la parte alta del busto con una sessione a settimana di rinforzo muscolare (anche con sovraccarichi) o con del nuoto, in modo da tonificare la muscolatura della parte superiore del corpo, solitamente utilizzata in maniera limitata durante la corsa.

Attenzione però: anche qui non bisogna sviluppare la muscolatura più del dovuto perché i muscoli pesano più del tessuto adiposo, e possono costituire una zavorra per la nostra Ultra.

Una volta a settimana, inoltre, consiglio di allenarsi con lo zaino che si userà in gara, incrementando i carichi: ad esempio iniziando con 2kg per poi aumentare man mano il peso, allenamento dopo allenamento. Un piccolo stratagemma è quello di mettere semplicemente delle confezioni di pasta, riso o simili per distribuire bene il carico ed evitare quindi di sovraccaricare asimmetricamente la schiena.

E’ da tenere ben presente che la simulazione della gara in allenamento è una delle cose fondamentali per una buona riuscita agonistica. Spesso infatti si tende a dare più attenzione all’allenamento fisico non considerando gli aspetti tecnici che però, se trascurati, rischiano di rovinare la nostra avventura.

Immaginiamo ad esempio anche solo che in una gara in autosufficienza, lo zaino possa rompersi perché non lo abbiamo rinforzato o non abbiamo provveduto ad apportare delle modifiche fondamentali atte a renderlo più resistente: questo inconveniente sicuramente influenzerà negativamente la prestazione agonistica. Solo con continue simulazioni possiamo sapere se la nostra attrezzatura è valida e idonea per la tipologia di competizione che si vuole affrontare.

Un ultramaratoneta è tanto meno colpito e preso alla sprovvista dai fattori ambientali quanto più sarà stata alta la sua attenzione e considerazione dei fattori ambientali stessi.

Questo può permettere al corridore di concentrarsi su come evitare i pericoli che riserva la strada e che possono causare infortuni o ad esempio le cadute nei trial. La scelta di un’attrezzatura adeguata è inoltre importante per permettere all’atleta di mantenere una biomeccanica di corsa ideale, evitando risposte di carico anormali e asimmetriche che possono essere correlate a insorgenza di infortuni acuti, così come da sovra-uso.

Quindi ogni scelta nell’attrezzatura da utilizzare in gara, dovrebbe essere molto oculata e attentamente ponderata, oltre ad essere opportunamente testata per un periodo di tempo sufficientemente lungo prima della competizione.

E questo principio vale ovviamente anche per le calzature che dovrebbero aver “subito” un numero sufficiente di uscite prima di essere utilizzate in gara, in quanto è importante sapere non solo come sia la resistenza della scarpa stessa all’usura e alle sollecitazioni, ma anche quale sia la risposta del piede dopo un certo periodo di tempo. Ad esempio, su percorsi lunghi e tortuosi, il piede tenderà a gonfiarsi e proprio per questo motivo il consiglio è quello di indossare scarpe che abbiano almeno un numero o un numero e mezzo di calzata in più. Questo accorgimento eviterà l’insorgenza delle fastidiose vesciche, uno dei problemi più dal runner sulle lunghe distanze temuti.

Katia Figini
Preparatrice atletica, Istruttrice Tecnica di trailrunning




domenica 23 ottobre 2016

GESTIRE LA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE : LA DIETA LOW-FODMAPS



Un regime nutrizionale con basso apporto di oligosaccaridi fermentabili, disaccaridi, monosaccaridi, polioli (FODMAPs) è in grado di ridurre i sintomi della sindrome IBS (Irritable Bowel Syndrome).

Il ruolo dell’alimentazione nel controllo dei sintomi della sindrome dell’intestino irritabile ha acquisito una posizione di sempre maggiore spicco negli ultimi anni. Il criterio diagnostico Rome IV definisce la IBS come dolore addominale ricorrente o discomfort almeno 1 volta a settimana negli ultimi 3 mesi. Inoltre secondo tale criterio i sintomi migliorano con la defecazione, e si manifesta inizialmente un cambiamento della frequenza di evacuazione, con alterata forma o aspetto delle feci.

Solitamente la sindrome si manifesta in età adulta ma può essere diagnosticata ad ogni età. La patofisiologia dell’IBS vede il coinvolgimento di meccanismi come la distensione intestinale, l’alterata motilità, l’ipersensibilità intestinale e la distruzione della permeabilità intestinale. Diverse modalità terapeutiche che hanno come target questi meccanismi sono state implementate nella gestione della IBS, tra cui antispasmodici, lassativi, antidepressivi, antibiotici e terapia comportamentale. La dieta è solo uno degli aspetti di trattamento, ed è più efficace quando è parte di un approccio integrato.

La dieta è fondamentale per la riduzione dei sintomi, tuttavia l’interazione alimenti-sintomi è complessa e non totalmente compresa, oltre a manifestare una variabilità notevole tra pazienti. L’approccio tradizionale vedeva il consiglio di aderenza a un pattern molto ripetitivo di alimenti, evitando ampi pasti, riducendo l’intake di grassi, fibre insolubili, caffeina, spezie e cibi che evocano la produzione di gas, come le bibite gasate.

Le fibre alimentari e sotto forma di integratori, in particolare come psyllium, l’acido policarbofilico sono spesso indicati dal dietologo o dal biologo nutrizionista. Entrambi questi prodotti sono caratterizzati dalla presenza della fibra di tipo solubile, la unica associata ad un miglioramento dei sintomi della IBS. Una dose inizialmente moderata può essere gradualmente portata a 20 o 30 g/giorno, spesso con buoni risultati sulla sintomatologia.

Evitare la fibra insolubile e il grano
Solo il 4% dei pazienti con IBS è affetto anche da celiachia, tuttavia sulla prevalenza della sensibilità al glutine c’è probabilmente confusione a causa di parziale sovrapposizione dei sintomi delle due patologie. Alcuni studi hanno approfondito la tematica, evidenziando un possibile legame tra il consumo di glutine e l’incidenza di IBS: i sintomi della patologia sono spessi peggiorati dal consumo più o meno frequente di cibi contenenti glutine. Se lo sviluppo dei sintomi della IBS sia indotto da glutine non è ancora chiaro.
In studi con pazienti IBS i cui sintomi miglioravano in seguito all’avvio di una dieta gluten-free e low-FODMAP, i sintomi non ritornavano con la reintroduzione del glutine, aspetto che ha suggerito che sarebbero i fruttani i componenti del grano a cui imputare lo scatenamento dei sintomi.

Probiotici
I probiotici stanno emergendo come integratori dietetici per pazienti con IBS, parallelamente alla maggiore consapevolezza dell’importanza del microbiota intestinale. In aggiunta ai loro effetti sul microbiota intestinale, i probiotici hanno mostrato un effetto antinfiammatorio, la modulazione della motilità e ipersensibilità intestinale, con ripristino dell’integrità epiteliale.
L’integrazione del ceppo di Lactobacillus rhamnosus GG in uno studio danese ha mostrato effetti migliorativi sui sintomi della IBS.

Cosa sono i FODMAP e perché sono importanti nella IBS
Il termine FODMAP è stato coniato da alcuni ricercatori australiani per descrivere un insieme di carboidrati fermentescibili scarsamente assorbiti a livello intestinale, e naturalmente contenuti in molti cibi:
-Oligosaccaridi (tra cui fruttani, inulina, e galatto-oligosaccaridi)
-Disaccaridi, tra cui lattosio e saccarosio
-Monosaccaridi, tra cui il fruttosio
-Polioli, tra cui sorbitolo e mannitolo.
L’intake di FODMAP tra cui fruttosio, è aumentato nei Paesi Occidentali nel corso degli ultimi decenni a causa di un’aumentato consumo di frutta e succhi concentrati, cosi come l’uso diffuso di sciroppo di glucosio nei cibi processati e nelle bevande.

FODMAP SONO SCARSAMENTE ASSORBITI A LIVELLO INTESTINALE
La loro digestione è lenta o nulla a causa della mancanza di enzimi idrolitici da parte del nostro intestino, aspetto unito al lento trasporto attraverso la mucosa intestinale. Eccesso di FODMAP nel tratto distale dell’intestino tenue e nel tratto prossimale del colon determina un incremento della pressione osmotica, portando acqua nel lume intestinale. I FODMAP sono rapidamente fermentati dai batteri del microbiota, producendo gas, distensione intestinale, alterando la motilità della muscolatura liscia, tutti aspetti che si identificano nel quadro sintomatologico della IBS.

LISTA DEI FODMAP  
fruttani sono polimeri del fruttosio non assorbitili per l’intestino umano. Non ci sono idrolasi intestinali specifiche né meccanismi di trasporto diretto di questi composti attraverso l’epitelio. Alcune tracce di fruttani sono ottenute e assorbite da alimenti come grano e cipolle.

galattoligosaccaridi sono disponibili per la fermentazione microbica dopo la digestione a causa della mancanza della alfa-galattosidasi nell’intestino umano. Fonti alimentari comuni sono legumi, noci, semi, alcuni cereali, latticini.

Il lattosio è scarsamente assorbito in persone con deficit della lattasi (50% della popolazione italiana circa). E’ presente in prodotti contenenti latte ma anche aggiunto a cibi commerciali come pane, torte e alcuni prodotti dietetici.

Il fruttosio è il FODMAP più abbondante della dieta occidentale. E’ presente come zucchero libero o generato dalla idrolisi del saccarosio. Nell’intestino la capacità di assorbimento è limitata dalla saturazione di un recettore di trasporto da parte del glucosio. Le maggiori fonti di fruttosio nelle diete Occidentali sono frutta, prodotti contenenti frutta, e miele.

Polioli come sorbitolo e manipolo sono assorbiti tramite diffusione passiva perché non hanno sistemi di trasporto intestinali dedicati. Si trovano in frutta e verdure. I chewing-gum sugar-free sono fonti ricche di sorbitolo.

LA DIETA LOW-FODMAP RIDUCE I SINTOMI DELLA IBS
La dieta a basso contenuto di FODMAP ha mostrato evidenze in numerosi studi per quanto riguarda la riduzione e remissione dei sintomi da IBS. In particolare nausea, gonfiore, dolore addominale e diarrea erano drasticamente ridotti in risposta alla riduzione di fruttosio e fruttani nella dieta.
Approccio combinato nutrizionale + integrazione di probiotici ha mostrato i migliori risultati a livello sintomatologico.

Enrico Ponta
Biologo Nutrizionista –  enricogabriele.ponta@biologo.onb.it