venerdì 16 settembre 2016

IL FARTLEK NELLA CORSA, APPROFONDIMENTI PER LA CORRETTA ESECUZIONE



Più volte ci siamo occupati del Fartlek. Con questo articolo desidero illustrare, in sintesi, come possa svolgersi, concretamente, questo tipo di corsa e come è stata da me interpretata.
Si inizia l’uscita ad un’andatura di lungo lento e, dopo alcuni chilometri di assestamento, quando ci si sente perfettamente sincronizzati nel ritmo di corsa con una respirazione aerobica, si potrà iniziare il cambiamento verso un ritmo più orientato alla velocità. Non deve essere un cambiamento brusco, un’impennata di pochi metri; si dovrebbe “cambiare marcia” con decisione sapendola mantenere per un certo periodo di tempo. L’andatura, nel tratto scelto per accelerare è diversa da quella tenuta in precedenza e tale da essere perfettamente percepita ed eseguita con precisione dal corridore. Non un allungo in senso tecnico, cioè un graduale progredire verso un picco di velocità, bensì l’assunzione di un nuovo ritmo, più veloce di quello solito, scelto tra quelli conosciuti, conforme alle vostre caratteristiche in quel preciso momento e, possibilmente, legato alla conformazione del terreno da mantenere per la distanza o tempo programmato.
Qualora si decida di eseguirlo in salita occorrerà, evidentemente, tenere i toni bassi evitando di sfiancarsi mentre per un cambio di ritmo in pianura potreste anche misurarvi con ritmi più vivaci.
Bisognerebbe, poi, riuscire a sviluppare gradualmente doti di sensibilità, per riuscire a cambiare velocità al momento giusto, senza effettuare forzature: semplicemente sapendo cogliere il momento ideale per effettuare la variazione. Non l’espressione di un comando interno quanto piuttosto il concretizzarsi di un’intuizione non appena si presentano le condizioni fisiche e psicologiche ottimali per effettuarlo.
Dopo una serie di esecuzioni e tentativi, magari non perfettamente riusciti, dovreste essere in grado di effettuare il cambio di ritmo al momento opportuno, rispettando queste indicazioni. Il rientro nell’alveo dell’andatura del lungo lento, dovrebbe risultare più facile anche se all’inizio di questo tipo di allenamento, si tenderà a correre aumentando leggermente l’andatura sullo slancio del cambio di velocità avvenuto in precedenza.
Quanto deve durare, quanti chilometri percorrere, quanti cambi effettuare
Di quanti metri o di quanto tempo e con quali modalità? La risposta non è univoca ed è da mettere in relazione con le finalità dell’allenamento e del periodo in cui viene effettuato (macrocicli di allenamento).
Sia nelle uscite orientate alla ricerca di benessere o veri allenamenti in vista di competizioni, è possibile scegliere tratti di percorso dai 100 ai 300 metri, una distanza abbastanza breve da vivere con una corsa piena e distesa, vero momento di gioco, simulando di rincorrere un invisibile concorrente là davanti a voi o un cambiamento di ritmo da effettuare in sintonia con un vostro compagno d’allenamento.
La quantità di queste variazioni non dovrebbe essere inferiore a due ma nemmeno prodursi in continuazione. Questo “gioco di di velocità” dovrebbe portarvi, gradualmente, a diventare veramente padroni della vostra azione atletica, a tenerla saldamente in mano, a familiarizzarvi con essa e non essere sopraffatti dalla medesima. Dopo un adeguato esercizio, come detto, dovreste diventare consapevoli delle vostre potenzialità, aver ben chiare quante “marce” siete in grado di attivare, diventare accorti nel gestirlo adottando il miglior passo di corsa ad ogni ritmo prescelto.
Psicologicamente questo esercizio è apportatore di flessibilità e duttilità alla corsa, evita la standardizzazione del ritmo e vi mette in grado di conseguire un adattamento dello stile di corsa conforme al terreno incontrato: più impegnato e lievemente contratto in salita, più disteso in pianura, lievemente rilassato in discesa.
Quanto sia necessaria la flessibilità nell’esprimere ritmi di corsa variabili è confermato da mie giornaliere osservazioni di podisti che frequentano un circuito cittadino quasi completamente sterrato e situato nei pressi della mia abitazione. Ebbene molti di loro nel corso degli anni continuano a replicare il solito modo di correre, caratterizzato dalla monotona ripetizione dei medesimi gesti, dal loro procedere con la solita falcata (quando esiste) con un’azione sempre più scomposta con il passare dei chilometri. Spesso si presentano anche piuttosto legnosi con un'azione atletica tendenzialmente vischiosa, a tratti legata, non bella da vedersi.
Danno l’impressione di essere al traino di qualcosa, là davanti a loro e che riescono a seguire con fatica. Non è certo questo il modo migliore per vivere la corsa. Se potessero uscire dall’abitudine, sicuramente acquisita negli anni, di correre in modo ripetitivo, quasi senza entusiasmo e partecipazione, finirebbero per apprezzare maggiormente i benefici della corsa ed il Fartlek potrebbe aiutarli.
Fartlek per agonisti
Chi lo pratica con finalità agonistiche o amatoriali tendenzialmente competitive, dovrebbe provvedere a strutturarne con cura l’esecuzione, senza snaturarne la filosofia, evitando di ridurlo a prescrizioni decise in anticipo in numero e durata.
L’amatore puro, che fa della corsa un mero piacere, gode invece dello straordinario privilegio di poterlo eseguire in modo spontaneo, seguendo in pieno il proprio intuito, cambiando il ritmo usuale al momento opportuno senza schemi di alcun tipo. Un vero esercizio di libertà.
L’atleta più evoluto e competitivo, pur avendo a disposizione meno gradi di libertà nell’esecuzione, trarrà grande beneficio, soprattutto a livello psicologico, se riuscirà a mantenerne il carattere gioioso. Il giorno del Fartlek dovrebbe essere vissuto come una festa!
Al ritmo iniziale, superiore o lievemente superiore a quello dello jogger, ne dovranno subentrare, in successione, altri più cadenzati, orientati a dar brio e vivacità all’uscita. La distanza o il tempo di esecuzione andranno messi in relazione con lo stato di avanzamento della preparazione.
All’inizio della stagione agonistica, il Fartlek potrà farsi vivo ogni 15 giorni per poi diventare regolare 1 o 2 volte la settimana avendo cura di non cercare ritmi troppo elevati se non in imminenza di specifici impegni a cui si tiene particolarmente. La distanza su cui produrre il cambiamento di ritmo andrebbe messa in relazione alle esigenze dell’atleta: sufficientemente corta (60-100 metri) per chi vuole migliorare la propria velocità di base, allungandola (dai 300 ai 500 metri) per acquisire resistenza nella velocità prolungata.
Percorso più breve nel primo caso ed più allungato nel secondo.
La distanza complessiva potrebbe variare dagli 8 ai 12 chilometri o anche meno, con l’indicazione di dedicare al ritmo più veloce almeno un terzo della medesima. Se il percorso è di 10 chilometri bisognerebbe riuscire a variare il ritmo per almeno 3 chilometri, opportunamente suddivisi anche in frazioni variabili nella metratura.
Se verrà praticato in compagnia, occorrerà evitare di trasformarlo in una serie continua di scatti e, soprattutto, senza sfidare il compagno di allenamento o, peggio, misurarsi in competizione per arrivare primi al punto stabilito.
Se avrete l’abilità di farlo diventare un gioco di corsa, un equilibrato alternarsi di passo, di piacevoli e veloci cambi di ritmo dovreste riuscire a divertirvi accumulando notevoli benefici che finiranno per influenzare positivamente anche il vostro umore.
In questo tipo di corsa vengono richieste reattività ed attenzione, al fine di cogliere il momento opportuno per variare il ritmo e una prontezza ad adattarsi molto velocemente alle caratteristiche del terreno.
È risaputo come la tecnica di corsa possa migliorare notevolmente alternando terreni diversi. Com’è noto la corsa in salita richiede un maggior consumo di ossigeno per minuto e chilogrammo di peso corporeo e, ad ogni spinta, i muscoli saranno maggiormente sollecitati rispetto ad un’andatura di pianura. Correndo in discesa si ha, invece, una minor spesa energetica in quanto il consumo di ossigeno per minuto e chilogrammo è all’incirca metà di quello fatto registrare in salita, mentre la velocità di corsa tenderà ad aumentare naturalmente per cui la medesima andrà bilanciata con una tecnica frenante, cioè impostando passi più corti e molto frequenti senza perdere il controllo dei piedi e lavorando molto con i medesimi.
Per facilitare l’esecuzione in solitaria potreste porvi ideali traguardi: un palo o una pianta in lontananza, un punto ove cesserete di correre più veloci per rientrare nell’andatura del lento evitando di fermarvi prima del dovuto. Questo è un altro punto a cui prestare molta attenzione. Scelto un riferimento per terminare la variazione di ritmo dovreste cercare di raggiungerlo con una certa determinazione evitando la cocciutaggine d’insistere quando l’azione atletica diventasse legnosa, priva di scioltezza esecutiva. Se vi accorgete di aver sbagliato la valutazione nello scegliere il ritmo dovreste rallentate e ripromettervi di ricercare e analizzare le cause dell’insuccesso. Alla successiva variazione dovreste impostare un ritmo più basso cercando di non variarlo sino alla fine del tratto di percorso prescelto.
Evitate di farvi coinvolgere dall’euforia atletica alimentata dalla facilità con cui, in qualche esecuzione, riuscite a perseguire con facilità quanto avete pensato perché potrebbe trattarsi di un particolare momento di grazia psicofisico e non espressione di una condizione atletica consolidata.
Il vero obiettivo, non dovreste mai dimenticarlo, è quello di riuscire a stabilizzare nel tempo la capacità di variare il ritmo, di mantenerlo senza tentennamenti e con una certa facilità. In ogni caso non vorrei insistere nel fornire regole troppo vincolanti: mi basta avere accennato ai principi che sostengono questo originale metodo d’allenamento.
Sul luogo dove effettuare il Fartlek, credo, non ci possano essere dubbi. È un allenamento da collocare in mezzo alla natura scegliendo un percorso sufficientemente vario con presenza di lievi salite possibilmente con fondo in terra battuta. Sull’asfalto verrebbero messi a dura prova i tendini, ridotti i tempi di spinta: meglio optare, allora, per esecuzioni su pista.
Qualora decideste di orientarvi verso un Fartlek più impegnativo e maggiormente strutturato abbiate l’accortezza d’inserire qualche variazione di ritmo in salita a pendenza variabile senza mai superare il 10%. Magari potreste preparare in anticipo due o tre percorsi di Fartlek ed alternarli di settimana in settimana aggiungendo, in tal modo, altra flessibilità alla vostra pratica atletica.
La possibilità di variare con frequenza i percorsi o addirittura di inventarne dei nuovi potrà costituire un buon antidoto alla possibile noia da ripetizione. Questo vale sia per il Fartlek che per il lungo lento.
Come dovreste sentirvi al termine di questo tipo di allenamento?
Certamente non provati anche se ai primi approcci l’ostacolo della pigrizia mentale tenderà a limitare i cambi di ritmo. Siete ancorati al vostro procedere senza scossoni e incontrate una certa fatica psicologica a sbarazzarvene. Superato questo scoglio e, dopo svariate ripetizioni, il Fartlek vi risulterà simile all’esecuzione di un lungo lento. Non sono, infatti, richiesti sforzi particolari: solo opportune e semplici variazioni di ritmo necessarie a cambiare quello normale di base, quello dedicato alla costruzione aerobica. Addirittura potreste sentirvi più tonici e reattivi a seguito di questa corsa, diversa da quella praticata normalmente, e avvertire dentro di voi una maggiore freschezza ed una brillantezza psicologica capace di annullare eventuali residui di stanchezza mentale e fisica, prodotta da altri tipi di allenamento più impegnativi.
Se ben eseguito dovrebbe trasmettere la sensazione di una decurtazione del tempo di allenamento, all’imprescindibile condizione di eseguirlo in modo piacevole e divertente.
Il circuito collinare alla Lydiard
Una modalità per alternare velocità diverse era proposta anche da Lydiard con un lavoro denominato “circuito collinare” inserito nel suo programma come “lavoro in salita”. E’ in qualche modo simile ai suggerimenti presenti nell’articolo Fartlek a triangolo illustrato su questo sito qualche tempo fa.
Prevedeva una corsa da effettuarsi su una distanza di circa 13 chilometri, costituita da quattro ripetizioni della lunghezza di 3 chilometri e 200 metri ciascuna, seguendo una precisa sequenza: 800 metri di corsa impegnata in salita, 800 metri di jogging alla sommità del percorso, un tratto di discesa a ritmo veloce per altri 800 metri. Si completava l’anello con sprint veloci a piacere di 100 metri ripetuti 4 volte e seguiti da un 400 metri o una coppia di 200 metri a scelta. Se invece si optava per un circuito più corto, gli sprint venivano effettuati ogni 15 minuti.
È ovvio come questo lavoro, svolto in una precisa fase della preparazione per atleti agonistici di ottimo livello tecnico, risulti decisamente più impegnativo di quello da me tratteggiato anche perché viene prevista una precisa sequenza e l’esecuzione giornaliera, entro un dettagliato programma di allenamento con l’eccezione della domenica, giorno in cui si effettuava il lungo lento o lunghissimo di ben 35 chilometri.
La modalità d’allenamento imperniata su circuiti da ripetere 3/4/5 volte sono certamente efficaci perché sottopongono gli atleti a differenti sollecitazioni, in un lasso di tempo piuttosto contenuto: corsa in salita, un recupero in sommità seguito da tratti di corsa veloce in discesa, sprint. Una simulazione di gara molto movimentata con l’obiettivo di incrementare la resistenza e la velocità del praticante.
Un lavoro un po’ troppo dettagliato e strutturato la cui esecuzione giornaliera, seppur per soli due mesi o tre all’anno non mi sento di consigliare ad un principiante ma solo ad atleti in possesso di una buona preparazione atletica e con un curriculum di rispetto.
Conclusioni
Le tante varianti o modi d’interpretare il modello Fartlek originale potrebbero generare qualche confusione nel lettore. Rimane però fermo un principio: nell’allenamento, specie se protratto per anni e giorni, occorre ricercare delle varianti che stimolino l’atleta a vivere la propria preparazione con entusiasmo, pur accompagnato da regolarità e dalla necessaria determinazione.
Il Fartlek costituisce sicuramente una variante piacevole e divertente e mi sento di indicarlo, soprattutto per chi vive la corsa con obiettivi non troppo ambiziosi, come uno dei tre pilastri su cui costruire la propria preparazione. Il primo costituito dall’imprescindibile lungo-lento, il secondo dal gioioso Fartlek ed il terzo, forse più importane, da un sottile allenamento psicologico teso a costruire l’ambiente mentale adatto per effettuare gli allenamenti con piacere, serenità, continuità ed efficacia. Di quest’ultimo, però, ci occuperemo un’altra volta.






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